Aurora (2019)
per organo meccanico

Aurora è stato concepito per essere suonato su un organo meccanico come quello presente nell’Auditorium della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado. L’idea che sta alla base della composizione di questo brano è molto semplice. Volevo ricreare musicalmente, in maniera piuttosto programmatica, la sensazione di costante variazione della luce e della percezione dell’ambiente circostante nei minuti che separano la notte dall’alba. 
La crescita della luminosità si traduce qui in un percorso timbrico macroscopico ed omogeneo, che parte dalla completa indeterminazione di un soffio, si colora man mano di frequenze e timbri inizialmente instabili, creando una stratificazione di singolarità spettrali destinata ad una sua stabilità e ad una ricchezza timbrica coincidente con il punto culminante della composizione. 
Questo processo è raggiunto sfruttando il meccanismo a leve che governa l’inserimento dei registri delle tre tastiere e della pedaliera. Per sua natura, l’organo si presta alla creazione di una sintesi strumentale: è possibile arricchire un singolo suono con registri che ne esaltano determinate parziali armoniche, oppure con suoni ad ancia dotati di grande energia spettrale localizzata. 
Aurora si sviluppa attraverso l’inserimento di diverse tipologie di registri sopra tre note tenute (do-re-mi adiacenti), che, prima di rivelarsi per le loro tre altezze effettive, appaiono come un triplice spettro inarmonico.
La caratteristica peculiare di questo brano è che ogni volta che viene eseguito il risultato sonoro è parecchio diverso, tanto da poter essere presentato come una serie di variazioni, semplicemente ripetendolo da capo. Questo si manifesta anche in termini di spazializzazione del suono, poiché quest’organo si sviluppa su due lati. Perciò, l’esecutore ha anche il compito di preoccuparsi di quest’aspetto importante.

durata: circa 6'30", variabile
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