Sonata (2020)
per violoncello

Questo brano è stato composto durante una residenza artistica ottenuta con l’editore Machiavelli Music di Torino, attraverso un concorso promosso dalla SIAE, all’inizio di Marzo 2020. Inizialmente, era nato come un concertino per violoncello e piccolo ensemble di cinque strumenti, come il precedente brano per ensemble scritto lo scorso anno. Durante le ultime settimane di composizione, l’esplosione dell’emergenza sanitaria da coronavirus ed il lockdown mi hanno costretto ad un ripensamento radicale del brano, poiché non avrei avuto la possibilità di confrontarmi direttamente con i musicisti per diversi mesi. La preoccupazione maggiore nata dalle particolari nuove prospettive di lavoro è stata allora cercare di andare avanti a scrivere, seppur in condizioni parecchio diverse (avendo a disposizione soltanto il mio violoncello tra i sei strumenti dell’organico scelto). Con il passare dei giorni di composizione e di prove, il violoncello ha naturalmente assunto un ruolo sempre più accentuato di strumento solista, tanto da acquisire una scrittura via via più polifonica e timbricamente lavorata. Per questo motivo, il suo peso rispetto all’ensemble è divenuto così sproporzionato da aver reso necessaria infine una “scissione”: la parte singola del violoncello avrebbe acquisito sufficiente autonomia da poter costituire un brano per strumento solo, mentre l’ensemble completo avrebbe conosciuto una sua propria elaborazione in un pezzo successivo, che ho chiamato Mute.
La palette tecnica e timbrica, in generale, cerca di creare delle continue transizioni da suono “puro” oppure ordinario, a suono “ruvido” o distorto, fino al rumore totalmente inarmonico, considerando ogni passaggio come una tessera appartenente ad una microstruttura "a mosaico". Allo stesso modo, il susseguirsi ravvicinato di diverse tecniche strumentali va nella stessa direzione.
Il rapporto tra la logica astratta di rappresentazione delle idee precostituite e l’atto “fisico” di per sé è ciò che costituisce l’ampia cadenza, posta in conclusione del pezzo, che un po’ ricapitola, un po’ cancella e distorce, riprendendo, sviluppando e abbandonando in maniera libera il materiale di tutto il brano.
Ho considerato come strutturale la possibilità di interpretare liberamente la temporalità e persino il carattere dei gesti strumentali. In questo senso mi sono ispirato ad alcune registrazioni di antichi blues afroamericani dell’inizio del ‘900.
durata: 4'40", variabile